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Vita Ciociara pagina 3
L’Editoriale
di Massimo De Santis
di Massimo De Santis
Liberismo e liberalità
Per comprendere lo sfacelo economico a cui stiamo assistendo e, non riuscendo a scorgere
ancora nessuna via d’uscita, mi sembra doveroso ripercorrere brevemente qualche teoria
economica in voga qualche decennio fa. Stiamo assistendo, inermi ma colpevolmente con-
senzienti, alla distruzione del piccolo commercio e, cosa ancor più preoccupante, al dissol-
vimento del volano della “vita” dei nostri paesi e delle nostre città. Forse in un domani
abbastanza prossimo troveremo nuove forme di comunicazione, di contatto, che ci faranno
dimenticare le affollate vie dello shopping, l’andirivieni sui marciapiedi delle città, dei paesi,
alla ricerca del giusto negozio per i nostri acquisti. Tutto ciò si tramutava in movimento di
gente, di mezzi di traporto, di cose e di denaro. L’avvenuta lacerazione del tessuto com-
merciale ed imprenditoriale trova origine nell’applicazione a livello mondiale del liberismo
più sfrenato che sia mai esistito. Il liberismo, che non è sinonimo di liberalità, è – secondo
la Treccani – “In senso ampio: un sistema economico imperniato sulla libertà di mercato, in
cui lo Stato si limita a garantire con norme giuridiche la libertà economica e provvedere ai
bisogni della collettività. In senso specifico: libertà del commercio internazionale o libero
scambio, contrapposto al protezionismo.” Per liberalismo si intende, al contrario, “un movi-
mento di pensiero e di direzione politica che riconosce all’individuo un valore autonomo e
tende a limitare l’azione statale in base a una costante distinzione tra pubblico e privato.” La
distinzione mi pare necessaria perché si potrebbe facilmente confondere l’uno con l’altro e
quindi potrebbe risultarne un concetto errato ai fini della minuta analisi cui mi accingo. Padre
del pensiero liberista fu Adam Smith (1723) – economista e filosofo scozzese – il quale so-
steneva la teoria dell’autoregolamentazione del mercato in base alla libera concorrenza,
dove qualsiasi intervento statale sarebbe stato deleterio. In pratica gli Stati debbono ab-
bandonare qualsiasi forma di protezionismo e lasciare al libero mercato la produzione e lo
scambio di beni. Una volta scardinata la resistenza o la riluttanza dei governi mondiali, il li-
berismo ha cominciato col mietere le sue vittime ed a raccogliere i suoi ingenti frutti provo-
cando una rivoluzione in senso lato per quanto riguarda la produzione, la distribuzione e la
commercializzazione dei prodotti. La globalizzazione economica che ne è derivata, ha creato
dei mostri senza controllo che a loro volta controllano l’economia mondiale, traendone pro-
fitti spropositati che non verranno in alcun modo redistribuiti equamente tra la popolazione
mondiale. Questi mostri si chiamano più familiarmente “Multinazionali” ed il loro scopo è
solo l’arricchimento puro, fine a se stesso. Ecco quindi che ci ritroviamo in un pianeta dove,
secondo Food security and nutrition 2021, 811 milioni di persone soffrono la fame! Incredi-
bile? Incredibile ma vero. Liberismo che va a braccetto con lo sviluppo tecnologico, il cui
fine è sollevare l’uomo dal sudore della fatica. (Un concetto esattamente opposto a quello
che troviamo scritto sulla Sacra Scrittura (Genesi 3,19) che recita testualmente “Con il su-
dore del tuo volto mangerai il pane…”. La dignità del lavoro in cambio della libertà dal la-
voro! Presto tutti gli esseri umani non lavoreranno più, non avranno più lavoro, ci penseranno
i robot a lavorare per loro. Andremo in pensione appena nati! Era quello che l’uomo ha sem-
pre desiderato. Applausi ad Adam Smith!